Il termine energia deriva dal tardo latino energīa, a sua volta desunto dal greco ἐνέργεια (enérgeia). La parola è composta da en, particella intensiva, ed ergon, capacità di agire.
“Mi sembra di estremo interesse segnalarti che all’entrata principale dell’enorme recinto era stata eretta una grandissima statua di pietra – grande naturalmente in rapporto alla taglia della loro presenza generale – chiamata “Sfinge”, che mi ricordava molto una statua già vista al tempo della mia prima discesa personale sul tuo pianeta nella città di Samlios, proprio di fronte all’immenso edificio che apparteneva alla società sapiente degli Akhldanei designato allora con il nome di “prima cattedrale” di quella società. La statua che aveva destato il mio interesse nella città di Samlios costituiva l’emblema della società e si chiamava “Coscienza”.
Essa rappresentava un essere allegorico, cioè un essere il cui corpo planetario era costituito da diverse parti dei corpi planetari di alcuni esseri di forma determinata esistenti sulla Terra, e queste parti, secondo le concezioni cristallizzatesi presso gli esseri tricerebrali di laggiù, realizzavano rispettivamente l’ideale di una o dell’altra delle funzioni esseriche. La massa principale del corpo planetario dell’essere allegorico era rappresentata dal tronco di un essere di forma determinata che laggiù chiamano “toro”.
Il “tronco” taurino riposava sulle quattro zampe di un altro essere di forma ben determinata chiamato “leone”, e sulla parte del tronco taurino detta “dorso” eran fissate due grandi ali, simili in tutto e per tutto a quelle d’un potente essere uccello che chiamano “aquila”. Nel luogo in cui avrebbe dovuto trovarsi la testa, erano assicurati al tronco per mezzo di un pezzo di ambra due seni che rappresentavano i “seni d’una vergine”.
Visto il mio estremo interesse per quella strana figura allegorica ne avevo chiesto il significato, e uno dei sapienti membri di quella grande società di esseri-uomini mi aveva dato allora la seguente spiegazione: “Questa statua è l’emblema della società degli Akhldanei e serve da stimolo per risvegliare e ricordare senza tregua a tutti suoi membri gli impulsi corrispondenti a quelli rappresentati”. Poi aveva aggiunto: “Ogni parte di questa figura allegorica provoca nelle tre parti associative indipendenti della loro presenza generale, cioè nel corpo, nel pensiero e nel sentimento, uno shock; ed esso determina le associazioni adatte a formare quelle conoscenze che sole permettono, nel loro insieme, di sbarazzarsi gradualmente dei fattori indesiderabili esistenti in ognuno di noi – fattori ricevuti per eredità o da noi stessi acquisiti, i quali suscitano poco a poco in noi molti impulsi nefasti e sono causa del fatto che non siamo quello che potremmo essere.
La sfinge ci ricorda e ci mostra incessantemente che non possiamo liberarci da questi fattori se non costringendo senza sosta la nostra presenza generale a pensare, agire o sentire, sempre, nelle circostanze volute, secondo ciò che quest’emblema ha il compito di esprimere.
E noi tutti, membri della società Akhldann, comprendiamo il nostro emblema nel seguente modo. Il tronco di quest’essere allegorico, rappresentato da quello di un toro, significa che i fattori in noi cristallizzatisi che suscitano nella nostra presenza impulsi funesti, sia ereditari sia acquisiti personalmente, non possono esser rigenerati se non con un durissimo lavoro, simile a quello cui è particolarmente adatto, fra tutti gli esseri del nostro pianeta, il toro. E il fatto che il tronco sia fissato alle zampe di un ‘leone’ significa che questa fatica deve effettuarsi con la coscienza della propria ‘potenza’ e con un sentimento di coraggio e di fede in essa, perché la potenza è la qualità che in massimo grado possiede, fra tutti gli esseri del nostro pianeta, il proprietario di queste zampe – il possente leone. E le ali dell’uccello più forte e capace di volare più in alto di tutti, ‘l’aquila’, fissate al tronco del toro, ricordano incessantemente ai membri della nostra società che in questa fatica, da condursi con un atteggiamento psichico interiore di rispetto per se stessi, è importante meditare senza tregua sulle questioni che non riguardano le manifestazioni direttamente richieste per l’esistenza esserica ordinaria. Quanto poi alla strana immagine della testa del nostro essere allegorico raffigurata sotto la forma dei ‘seni d’una vergine’, essa significa che sempre e in tutto, nei diversi funzionamenti sia interiori sia esteriori evocati dalla nostra coscienza, deve prevalere l’amore – un amore che può sorgere e sussistere solo nella presenza delle concentrazioni che si vengono a formare nelle parti conformi alle leggi di ogni essere integrale responsabile, nel quale riposa la speranza del Nostro Padre Comune. E che questa testa sia fissata al tronco per mezzo dell’ambra significa che quest’amore dev’essere assolutamente imparziale, cioè perfettamente isolato da tutte le altre funzioni in corso nella presenza generale di qualsiasi essere responsabile”.
Sappi, figliolo, affinché il significato di quest’ultimo emblema legato alla materia detta “ambra” ti sia del tutto comprensibile, che l’ambra è una delle sette formazioni planetarie nella cui costituzione entrano in uguali proporzioni le tre parti sacre, distinte e indipendenti, dell’elemento attivo Okidanokh onnipresente; e queste formazioni intra e surplanetarie nel processo di realizzazione planetaria fungono da “isolanti” rispetto ai tre flussi separati delle tre parti sante, indipendentemente localizzate».
Tratto da “I Racconti di Belzebù a suo nipote” – G.I. Gurdjieff
Di: Domenico Pidatella
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I Racconti di Belzebù a suo Nipote Georges I. Gurdjieff |